Biography of Gian Gastone
GIAN GASTONE I de' Medici, granduca di Toscana. - Nacque a Firenze il 25 maggio 1671, terzogenito del granduca Cosimo III e di Margherita Luisa, figlia di Gastone duca d'Orléans e di Margherita di Lorena.
Di pochi anni dopo è il ritorno in Francia dell'irrequieta Margherita Luisa che, a causa dei pessimi rapporti col granduca, abbandonò G. e gli altri due figli, il primogenito Ferdinando e Anna Maria Luisa, nelle ville medicee di Poggio Imperiale e di Castello.
G., come del resto il fratello e la sorella, figlia prediletta di Cosimo III, nella prima adolescenza mantenne con la madre un rapporto epistolare formalmente affettuoso e Margherita Luisa contraccambiava inviando al piccolo G. e ai suoi fratelli dei doni che avevano ai suoi occhi non tanto il requisito di essere bene accetti, quanto di essere "à la dernière mode" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 6298, cc. 154, 169 s., 175, 191-194).
Dell'educazione di G. si sarebbe dovuta occupare la nonna paterna, Vittoria Della Rovere, ma fu premura di Cosimo affidare anche il figlio cadetto, come era tradizione nella famiglia, alle cure di un aio qualificato. A tal proposito nel 1678 Cosimo dette indicazioni al senatore Bartolomeo Gherardini, auditore di Siena, perché trovasse un soggetto idoneo e possibilmente senese, come il suo primo precettore, Volunnio Bandinelli, diventato poi cardinale.
La scelta cadde su Pietro Biringucci, che avrà anche il ruolo di maestro di casa di Gian Gastone. Tra i primi precettori di G. va ricordato anche l'incisore Valerio Spada di Colle Valdelsa, allievo di Lorenzo Lippi.
Altri personaggi illustri nelle lettere e nelle scienze assicurarono a G. quel bagaglio culturale che contribuì a farlo apprezzare come uno dei più dotti principi d'Europa: Vincenzo Viviani e Benedetto Bresciani per la matematica e la filosofia sperimentale, Giuseppe Averani per la giurisprudenza, il cardinale Enrico Noris per la storia sacra e per l'antiquaria. Con profitto G. si dedicò anche allo studio del greco, del latino, dello spagnolo, del francese, del tedesco e perfino dell'inglese, lingua poco diffusa ma familiare nella cerchia degli eruditi fiorentini in contatto con gli ambienti della Royal Society e poi dei "freemasons", che tanta parte avranno nella storia politica e culturale toscana del primo Settecento.
Nella lingua tedesca fu maestro di G. e dei suoi fratelli il padre gesuita Giovanni Battista Frölich, in francese il padre fogliante Pierre de Saint-Louis, del monastero della Pace di Firenze, col quale G. trascorse le ore di studio nel casino detto "Il Cavaliere", ideato nel giardino di Boboli dal cardinale Leopoldo de' Medici e fatto ampliare appositamente per il principe. Mappamondi, carte geografiche, libri, curiosità e strumenti scientifici vi trovavano posto secondo il gusto del tempo. Per l'apprendimento del greco G. trasse profitto dalla frequentazione con Anton Maria Salvini, illustre membro delle Accademie della Crusca e degli Apatisti di Firenze, oltre che di altre accademie italiane, conosciuto per le sue traduzioni dei testi classici greci e della coeva letteratura inglese.
Nel 1688 furono dedicati a G. i Poemata varia, del gesuita Tommaso Strozzi. Il contenuto dell'opera, un tema profano come la scoperta della pianta del cacao nel Messico e temi sacri come la parafrasi di alcuni salmi biblici, troverà uno sbocco più deciso e aperto alle innovazioni scientifiche e letterarie proprio all'epoca del governo di Gian Gastone. Suo aiutante di camera, maestro dei paggi di corte e poi bibliotecario, fu uno dei suoi primi precettori, Benedetto Bresciani, conosciuto anche per gli interessi musicali e soprattutto come autore del trattato inedito Del sistema armonico, nel quale si descriveva il funzionamento del "cimbalo onnicordo", inventato nel 1670 da Francesco Nigetti e poi acquistato dallo stesso Bresciani.
1696 il pistoiese Niccolò Buti, erudito e matematico, dedicò al principe l'edizione commentata della versione latina dei quattro libri dei Conica di Apollonio Pergeo e dei trattati De sectione cilindri e De sectione coni di Sereno di Antinoe.
Dopo la condanna della fisica democritea, di cui nel 1691 Cosimo III aveva proibito l'insegnamento nell'Università pisana, questo risveglio di interesse per la matematica sotto la protezione del giovane principe assumeva particolare significato, nonostante G. fosse decisamente sotto l'egida paterna.
I dissapori nati col brillante e gaudente fratello, col quale peraltro condivideva la passione per musica e teatro, erano dovuti al ruolo angusto di principe cadetto di Gian Gastone. Il carteggio del 1688, quasi tutto orientato sul matrimonio tra Ferdinando e Violante Beatrice di Baviera, celebrato con sfarzo nella chiesa metropolitana fiorentina, mostra una sua certa indifferenza, anche se da quelle nozze G. trasse il vantaggio personale di poter compiere un primo viaggio lontano dalla patria, a Loreto, a Padova, a Venezia e poi a Bologna, dove si recò per incontrare la cognata. Nel frattempo si intensificava lo scambio epistolare con vari prelati e religiosi toscani, quali Bandino Panciatichi e Giovan Francesco Poggi, i quali - quasi tutti protetti dello zio Francesco Maria, creato cardinale nel 1686 -, si misero al servizio di G. in vista di una sua carriera ecclesiastica alla corte di Roma.
Riconosciuto come principe colto e devoto, G. continuò a essere un riferimento per la cultura del tempo. Gli veniva dedicata l'opera antimaterialista del gesuita Paolo Segneri, L'incredulo senza scusa, pubblicata a Firenze nel 1690 e il matematico gesuita milanese Tommaso Ceva gli inviò il suo poema in esametri latini Iesus puer, pubblicato in quell'anno. Ben diverso sarà invece il rapporto con il padre Ceva al tempo del governo di G., quando questi, nel 1724, in un clima più favorevole alle novità scientifiche, si scontrerà con le posizioni antiaristoteliche del matematico camaldolese Guido Grandi, professore nello Studio pisano.
Nell'animo del giovane principe si faceva strada, intanto, quell'umore malinconico che lo accompagnerà tutta la vita e che tanto preoccupava il padre, lo zio cardinale e gli archiatri di corte, Francesco Redi e Giuseppe Del Papa. Nessun giovamento dal punto di vista dell'umore gli aveva pNelrocurato il viaggio compiuto nel maggio del 1691 per accompagnare a Verona la sorella, andata sposa all'elettore palatino Giovanni Guglielmo di Neuburg. Nonostante il ruolo subalterno al fratello, G. non fu escluso da coinvolgimenti gratificanti quali la partecipazione alla Consulta, che al tempo di Cosimo III si riuniva una volta la settimana per dirimere gli affari interni dello Stato, e il patrocinio dello Studio e dell'Accademia della Crusca. A G., da poco destinato a questo ruolo, Filippo Baldinucci dedicava una sua Lezione intorno a' pittori greci e latini (Firenze 1692). Sempre in questi anni fu chiamato dal padre a soprintendere l'arte della seta in un momento di ripresa degli investimenti e della produzione nel settore.
Preoccupato per la mancanza di eredi da parte dei figli, nel 1695 Cosimo III decise di compiere un pellegrinaggio a Loreto accompagnato da G. e da un seguito di 150 persone. Il rientro a Firenze coincise per G. con la messa a punto delle trattative per il suo matrimonio, alle quali dette un contributo decisivo la sorella, consapevole che la scelta della futura sposa doveva tenere conto anche dei problemi finanziari attraversati in quel momento dalla famiglia Medici, date le pesanti contribuzioni imposte dall'imperatore ai principi italiani considerati vassalli dell'Impero. La scelta cadde infine sulla venticinquenne e poco avvenente Anna Maria Francesca, figlia del duca Giulio di Sassonia Lauenburg e vedova dell'elettore palatino Filippo di Neuburg.
Nel maggio 1697, in vista di questo matrimonio, Cosimo III provvide a dividere in parti uguali i beni allodiali tra Ferdinando e G., al quale fu destinata una pensione annua di 24.000 fiorini da pagarsi a Praga vita natural durante. In caso di morte del padre o del fratello, tale cifra sarebbe stata ridotta, ma integrata con il possesso dei beni ereditari e dei fidecommessi della famiglia, incluso, una volta morto lo zio cardinale Francesco Maria, il principato di Capestrano nel Regno di Napoli. Tra i beni assegnati a G. c'erano alcune fattorie nel territorio pisano, la più redditizia delle quali era quella di Bellavista, poi venduta al marchese Francesco Feroni.
Il viaggio di G. verso la Germania iniziò il 27 maggio 1697, con un seguito di 21 persone. Fino al 1705, anno del definitivo ritorno in patria di G., le notizie sul suo soggiorno in Boemia e il suo sfortunato matrimonio saranno l'oggetto principale della corrispondenza col padre, e del carteggio tra la sorella e lo zio cardinale, tra i ministri e residenti toscani all'estero e la segreteria di Stato.
Cosimo III seguì con trepidazione le varie tappe del viaggio di G. fino a Düsseldorf, dove il 2 luglio 1697 si celebrò il matrimonio nella cappella del castello, dimora degli elettori palatini. La funzione, molto sfarzosa, fu officiata dal vescovo ausiliare di Osnabrück e tutta la regia fu opera dell'elettrice. Contrariamente a quanto accadeva in casi analoghi, a ricordo di questo evento non resta nessuna orazione o descrizione a stampa, eccetto un componimento pubblicato a Düsseldorf nel 1697 sulle feste organizzate dall'elettore Guglielmo (I Castori, barriera tra le feste celebratesi nelle nozze de' ser. principi Gio. G. di Toscana ed Anna Maria Francesca…): una prova evidente di quanto quelle nozze, avvenute eccezionalmente in terra straniera, si prospettassero da subito all'insegna della precarietà.
Conoscendo bene la predilezione di Cosimo per Anna Maria Luisa, il giorno dopo il matrimonio G. si affrettava a rassicurare il padre sulla situazione felice della sorella che, "non intedeschita punto" e "amata ismisuratissimamente" dal marito, viveva come una regina, circondata da ricche suppellettili e da una splendida corte (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5915, 3 luglio 1697).
Resistendo ai richiami del padre, nella primavera del 1698 G. partì da Praga per un viaggio da compiere in incognito come "marchese di Siena". Del viaggio fu stesa una relazione dal suo scalco, Anton Filippo de' Giudici. Questa fuga di G. dalla moglie, rozza e volubile, fu abilmente nobilitata dall'autore della relazione con l'esempio di Ulisse quale simbolo della necessità dell'uomo di sentirsi "cittadino del mondo" (ibid., 6391).
Animato da curiosità artistiche e scientifiche, il principe visitò la Francia, le Fiandre, l'Olanda e poi di nuovo la Germania. A Parigi ebbe l'onore di essere ricevuto familiarmente da Luigi XIV, che gli diede in dono una spada tempestata di pietre preziose. Introdotto dal marchese Averado Salviati, residente di Cosimo, riuscì a vedere anche la madre, ma dopo ventitré anni di lontananza l'incontro fu piuttosto freddo. Decisamente più consolanti furono le visite alle Tuileries, al gabinetto di medaglie del re, all'abbazia di Saint-Cyr, culla del giansenismo, dove G. sperava di incontrare madame de Maintenon. Da Parigi passò poi in Olanda dove, a Leida, visitò il giardino dei semplici e il Museo anatomico, mentre a Rotterdam e ad Amsterdam si interessò ai luoghi tipici del traffico mercantile, al porto, all'arsenale, alla sede della Compagnia delle Indie. Un incontro significativo fu quello con l'erudito e antiquario di Utrecht Johannes Graevius, corrispondente di Antonio Magliabechi dal 1675, al quale seguì una visita alla celebre biblioteca di Wolfenbüttel. Nell'autunno del 1698 fece infine ritorno, attraverso la foresta delle Ardenne, all'odiata Reichstadt, "luogo miserabile" dal quale altre volte fuggirà verso Praga e Amburgo, dove si incontrerà con G.W. Leibniz. All'Università di Praga G. si appassionò alle lezioni di diritto della natura e delle genti, che incideranno sui suoi provvedimenti futuri per il rinnovamento degli studi a Pisa.
La sua situazione coniugale, ormai fortemente compromessa, fu oggetto di una lunga lettera inviata al padre il 18 apr. 1699, nella quale G. si lamentava dell'umore "bisbetico naturale" della moglie, della difficoltà di stare accanto a quella principessa "imperiosa e superba che vorrebbe conculcar tutti e che comanda a tutti credendo di essere la più gran Signora del mondo per aver quelle quattro zolle in Boemia" (ibid.) e che per di più odiava l'Italia e gli Italiani al punto che sarebbe stato difficile, oltre che fastidioso per lui, convincerla ad abitare a Firenze. Consapevole della vita dissoluta a cui si era abbandonato, dedito al bere e al gioco d'azzardo, costatogli molti debiti, G. imputava alla consorte la sua condizione, ritenendola molto simile a quella in cui aveva ridotto il precedente marito.
Palazzo Pitti: L’arte e la storia, Marco Chiarini, Nardine Editore, 2000-2003.
“Le vicende costruttive”, Fiorella Facchinetti, pp. 24 ff.
Di pochi anni dopo è il ritorno in Francia dell'irrequieta Margherita Luisa che, a causa dei pessimi rapporti col granduca, abbandonò G. e gli altri due figli, il primogenito Ferdinando e Anna Maria Luisa, nelle ville medicee di Poggio Imperiale e di Castello.
G., come del resto il fratello e la sorella, figlia prediletta di Cosimo III, nella prima adolescenza mantenne con la madre un rapporto epistolare formalmente affettuoso e Margherita Luisa contraccambiava inviando al piccolo G. e ai suoi fratelli dei doni che avevano ai suoi occhi non tanto il requisito di essere bene accetti, quanto di essere "à la dernière mode" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 6298, cc. 154, 169 s., 175, 191-194).
Dell'educazione di G. si sarebbe dovuta occupare la nonna paterna, Vittoria Della Rovere, ma fu premura di Cosimo affidare anche il figlio cadetto, come era tradizione nella famiglia, alle cure di un aio qualificato. A tal proposito nel 1678 Cosimo dette indicazioni al senatore Bartolomeo Gherardini, auditore di Siena, perché trovasse un soggetto idoneo e possibilmente senese, come il suo primo precettore, Volunnio Bandinelli, diventato poi cardinale.
La scelta cadde su Pietro Biringucci, che avrà anche il ruolo di maestro di casa di Gian Gastone. Tra i primi precettori di G. va ricordato anche l'incisore Valerio Spada di Colle Valdelsa, allievo di Lorenzo Lippi.
Altri personaggi illustri nelle lettere e nelle scienze assicurarono a G. quel bagaglio culturale che contribuì a farlo apprezzare come uno dei più dotti principi d'Europa: Vincenzo Viviani e Benedetto Bresciani per la matematica e la filosofia sperimentale, Giuseppe Averani per la giurisprudenza, il cardinale Enrico Noris per la storia sacra e per l'antiquaria. Con profitto G. si dedicò anche allo studio del greco, del latino, dello spagnolo, del francese, del tedesco e perfino dell'inglese, lingua poco diffusa ma familiare nella cerchia degli eruditi fiorentini in contatto con gli ambienti della Royal Society e poi dei "freemasons", che tanta parte avranno nella storia politica e culturale toscana del primo Settecento.
Nella lingua tedesca fu maestro di G. e dei suoi fratelli il padre gesuita Giovanni Battista Frölich, in francese il padre fogliante Pierre de Saint-Louis, del monastero della Pace di Firenze, col quale G. trascorse le ore di studio nel casino detto "Il Cavaliere", ideato nel giardino di Boboli dal cardinale Leopoldo de' Medici e fatto ampliare appositamente per il principe. Mappamondi, carte geografiche, libri, curiosità e strumenti scientifici vi trovavano posto secondo il gusto del tempo. Per l'apprendimento del greco G. trasse profitto dalla frequentazione con Anton Maria Salvini, illustre membro delle Accademie della Crusca e degli Apatisti di Firenze, oltre che di altre accademie italiane, conosciuto per le sue traduzioni dei testi classici greci e della coeva letteratura inglese.
Nel 1688 furono dedicati a G. i Poemata varia, del gesuita Tommaso Strozzi. Il contenuto dell'opera, un tema profano come la scoperta della pianta del cacao nel Messico e temi sacri come la parafrasi di alcuni salmi biblici, troverà uno sbocco più deciso e aperto alle innovazioni scientifiche e letterarie proprio all'epoca del governo di Gian Gastone. Suo aiutante di camera, maestro dei paggi di corte e poi bibliotecario, fu uno dei suoi primi precettori, Benedetto Bresciani, conosciuto anche per gli interessi musicali e soprattutto come autore del trattato inedito Del sistema armonico, nel quale si descriveva il funzionamento del "cimbalo onnicordo", inventato nel 1670 da Francesco Nigetti e poi acquistato dallo stesso Bresciani.
1696 il pistoiese Niccolò Buti, erudito e matematico, dedicò al principe l'edizione commentata della versione latina dei quattro libri dei Conica di Apollonio Pergeo e dei trattati De sectione cilindri e De sectione coni di Sereno di Antinoe.
Dopo la condanna della fisica democritea, di cui nel 1691 Cosimo III aveva proibito l'insegnamento nell'Università pisana, questo risveglio di interesse per la matematica sotto la protezione del giovane principe assumeva particolare significato, nonostante G. fosse decisamente sotto l'egida paterna.
I dissapori nati col brillante e gaudente fratello, col quale peraltro condivideva la passione per musica e teatro, erano dovuti al ruolo angusto di principe cadetto di Gian Gastone. Il carteggio del 1688, quasi tutto orientato sul matrimonio tra Ferdinando e Violante Beatrice di Baviera, celebrato con sfarzo nella chiesa metropolitana fiorentina, mostra una sua certa indifferenza, anche se da quelle nozze G. trasse il vantaggio personale di poter compiere un primo viaggio lontano dalla patria, a Loreto, a Padova, a Venezia e poi a Bologna, dove si recò per incontrare la cognata. Nel frattempo si intensificava lo scambio epistolare con vari prelati e religiosi toscani, quali Bandino Panciatichi e Giovan Francesco Poggi, i quali - quasi tutti protetti dello zio Francesco Maria, creato cardinale nel 1686 -, si misero al servizio di G. in vista di una sua carriera ecclesiastica alla corte di Roma.
Riconosciuto come principe colto e devoto, G. continuò a essere un riferimento per la cultura del tempo. Gli veniva dedicata l'opera antimaterialista del gesuita Paolo Segneri, L'incredulo senza scusa, pubblicata a Firenze nel 1690 e il matematico gesuita milanese Tommaso Ceva gli inviò il suo poema in esametri latini Iesus puer, pubblicato in quell'anno. Ben diverso sarà invece il rapporto con il padre Ceva al tempo del governo di G., quando questi, nel 1724, in un clima più favorevole alle novità scientifiche, si scontrerà con le posizioni antiaristoteliche del matematico camaldolese Guido Grandi, professore nello Studio pisano.
Nell'animo del giovane principe si faceva strada, intanto, quell'umore malinconico che lo accompagnerà tutta la vita e che tanto preoccupava il padre, lo zio cardinale e gli archiatri di corte, Francesco Redi e Giuseppe Del Papa. Nessun giovamento dal punto di vista dell'umore gli aveva pNelrocurato il viaggio compiuto nel maggio del 1691 per accompagnare a Verona la sorella, andata sposa all'elettore palatino Giovanni Guglielmo di Neuburg. Nonostante il ruolo subalterno al fratello, G. non fu escluso da coinvolgimenti gratificanti quali la partecipazione alla Consulta, che al tempo di Cosimo III si riuniva una volta la settimana per dirimere gli affari interni dello Stato, e il patrocinio dello Studio e dell'Accademia della Crusca. A G., da poco destinato a questo ruolo, Filippo Baldinucci dedicava una sua Lezione intorno a' pittori greci e latini (Firenze 1692). Sempre in questi anni fu chiamato dal padre a soprintendere l'arte della seta in un momento di ripresa degli investimenti e della produzione nel settore.
Preoccupato per la mancanza di eredi da parte dei figli, nel 1695 Cosimo III decise di compiere un pellegrinaggio a Loreto accompagnato da G. e da un seguito di 150 persone. Il rientro a Firenze coincise per G. con la messa a punto delle trattative per il suo matrimonio, alle quali dette un contributo decisivo la sorella, consapevole che la scelta della futura sposa doveva tenere conto anche dei problemi finanziari attraversati in quel momento dalla famiglia Medici, date le pesanti contribuzioni imposte dall'imperatore ai principi italiani considerati vassalli dell'Impero. La scelta cadde infine sulla venticinquenne e poco avvenente Anna Maria Francesca, figlia del duca Giulio di Sassonia Lauenburg e vedova dell'elettore palatino Filippo di Neuburg.
Nel maggio 1697, in vista di questo matrimonio, Cosimo III provvide a dividere in parti uguali i beni allodiali tra Ferdinando e G., al quale fu destinata una pensione annua di 24.000 fiorini da pagarsi a Praga vita natural durante. In caso di morte del padre o del fratello, tale cifra sarebbe stata ridotta, ma integrata con il possesso dei beni ereditari e dei fidecommessi della famiglia, incluso, una volta morto lo zio cardinale Francesco Maria, il principato di Capestrano nel Regno di Napoli. Tra i beni assegnati a G. c'erano alcune fattorie nel territorio pisano, la più redditizia delle quali era quella di Bellavista, poi venduta al marchese Francesco Feroni.
Il viaggio di G. verso la Germania iniziò il 27 maggio 1697, con un seguito di 21 persone. Fino al 1705, anno del definitivo ritorno in patria di G., le notizie sul suo soggiorno in Boemia e il suo sfortunato matrimonio saranno l'oggetto principale della corrispondenza col padre, e del carteggio tra la sorella e lo zio cardinale, tra i ministri e residenti toscani all'estero e la segreteria di Stato.
Cosimo III seguì con trepidazione le varie tappe del viaggio di G. fino a Düsseldorf, dove il 2 luglio 1697 si celebrò il matrimonio nella cappella del castello, dimora degli elettori palatini. La funzione, molto sfarzosa, fu officiata dal vescovo ausiliare di Osnabrück e tutta la regia fu opera dell'elettrice. Contrariamente a quanto accadeva in casi analoghi, a ricordo di questo evento non resta nessuna orazione o descrizione a stampa, eccetto un componimento pubblicato a Düsseldorf nel 1697 sulle feste organizzate dall'elettore Guglielmo (I Castori, barriera tra le feste celebratesi nelle nozze de' ser. principi Gio. G. di Toscana ed Anna Maria Francesca…): una prova evidente di quanto quelle nozze, avvenute eccezionalmente in terra straniera, si prospettassero da subito all'insegna della precarietà.
Conoscendo bene la predilezione di Cosimo per Anna Maria Luisa, il giorno dopo il matrimonio G. si affrettava a rassicurare il padre sulla situazione felice della sorella che, "non intedeschita punto" e "amata ismisuratissimamente" dal marito, viveva come una regina, circondata da ricche suppellettili e da una splendida corte (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5915, 3 luglio 1697).
Resistendo ai richiami del padre, nella primavera del 1698 G. partì da Praga per un viaggio da compiere in incognito come "marchese di Siena". Del viaggio fu stesa una relazione dal suo scalco, Anton Filippo de' Giudici. Questa fuga di G. dalla moglie, rozza e volubile, fu abilmente nobilitata dall'autore della relazione con l'esempio di Ulisse quale simbolo della necessità dell'uomo di sentirsi "cittadino del mondo" (ibid., 6391).
Animato da curiosità artistiche e scientifiche, il principe visitò la Francia, le Fiandre, l'Olanda e poi di nuovo la Germania. A Parigi ebbe l'onore di essere ricevuto familiarmente da Luigi XIV, che gli diede in dono una spada tempestata di pietre preziose. Introdotto dal marchese Averado Salviati, residente di Cosimo, riuscì a vedere anche la madre, ma dopo ventitré anni di lontananza l'incontro fu piuttosto freddo. Decisamente più consolanti furono le visite alle Tuileries, al gabinetto di medaglie del re, all'abbazia di Saint-Cyr, culla del giansenismo, dove G. sperava di incontrare madame de Maintenon. Da Parigi passò poi in Olanda dove, a Leida, visitò il giardino dei semplici e il Museo anatomico, mentre a Rotterdam e ad Amsterdam si interessò ai luoghi tipici del traffico mercantile, al porto, all'arsenale, alla sede della Compagnia delle Indie. Un incontro significativo fu quello con l'erudito e antiquario di Utrecht Johannes Graevius, corrispondente di Antonio Magliabechi dal 1675, al quale seguì una visita alla celebre biblioteca di Wolfenbüttel. Nell'autunno del 1698 fece infine ritorno, attraverso la foresta delle Ardenne, all'odiata Reichstadt, "luogo miserabile" dal quale altre volte fuggirà verso Praga e Amburgo, dove si incontrerà con G.W. Leibniz. All'Università di Praga G. si appassionò alle lezioni di diritto della natura e delle genti, che incideranno sui suoi provvedimenti futuri per il rinnovamento degli studi a Pisa.
La sua situazione coniugale, ormai fortemente compromessa, fu oggetto di una lunga lettera inviata al padre il 18 apr. 1699, nella quale G. si lamentava dell'umore "bisbetico naturale" della moglie, della difficoltà di stare accanto a quella principessa "imperiosa e superba che vorrebbe conculcar tutti e che comanda a tutti credendo di essere la più gran Signora del mondo per aver quelle quattro zolle in Boemia" (ibid.) e che per di più odiava l'Italia e gli Italiani al punto che sarebbe stato difficile, oltre che fastidioso per lui, convincerla ad abitare a Firenze. Consapevole della vita dissoluta a cui si era abbandonato, dedito al bere e al gioco d'azzardo, costatogli molti debiti, G. imputava alla consorte la sua condizione, ritenendola molto simile a quella in cui aveva ridotto il precedente marito.
Palazzo Pitti: L’arte e la storia, Marco Chiarini, Nardine Editore, 2000-2003.
“Le vicende costruttive”, Fiorella Facchinetti, pp. 24 ff.